Newsletter 15 ottobre 2024

Care amiche e cari amici,

Ottobre è da sempre il mese delle rivoluzioni. In questo ottobre abbiamo deciso di praticare la più antica rivolta al tempo dell’utile, ponendo al centro del nostro bersaglio la pratica della festa.

È una pratica insidiosa perché le feste non è affatto detto che riescano e sono spesso occasioni di grandi scivoloni e cadute nel kitsch, nella banalità o nei luoghi comuni. Peraltro ben poco adatti a un tempo come quello che stiamo vivendo, in cui ci si sta facendo quasi la passiva abitudine alla cultura della guerra, delle armi, dell’ingiustizia e della violenza.

Le feste possono essere una sorta di ritualità consumistica comandata, però sono anche l’occasione per superare il nostro stretto confine individuale e sperimentare una pratica di fusione partecipata.

Come il cristianesimo installò il suo calendario sulle feste arcaiche, cosiddette pagane, così la società contemporanea ha installato le sue ritualità sul calendario cristiano cattolico. Ma a raschiare oltre questa superficie, il calendario nella sua ciclicità può permetterci di accedere a un tempo diverso, non-tempo, che cova ancora in sé la meraviglia del racconto mitico.

In questo racconto ci sono diversi capodanni e diversi tempi “franchi” di libero accesso, di libera compenetrazione tra vivi e morti, tra uomini e animali, racchiusi nella misura delle dodici notti (dodekaemeron), con la differenza tra calendario solare e lunare che costituisce, fin dall’antichità, un “tempo fuori dal tempo”.

Il primo riguarda le festività dei defunti (Dias de los muertos, Ognissanti) e va dal 31 ottobre all’11 novembre, giorno di San Martino. L’immaginario americano della festa delle zucche vuote si va a innestare su una tradizione folclorica che da sempre appartiene alla cultura popolare, una tradizione in cui questue, strenne, fuochi e botti apotropaici hanno segnato un tempo di comunità, il primo della stagione invernale. E poi le altre dodici notti, quelle tra Natale e l’Epifania, e infine il mondo alla rovescia del Carnevale.

Tutti questi tempi rituali ci attraversano in maniera sotterranea e invisibile. La nostra piccola rivoluzione è accendere una luce per illuminarne i fantasmi. Sono fantasmi di cui potremmo avere bisogno per contrastare la soma della dittatura dell’attualità. Sono fantasmi in cui ritrovare qualcosa della nostra innocenza, qualcosa che ci mette in relazione con il mondo.

Questo lungo “spiegone” antropologico per annunciarvi le nostre SCIUSTEN FESTE.

Mentre appare tra i cieli la cometa C/2023 A3 (Tsuchinshan-ATLAS), abbiamo lanciato nell’etere il Voodoo Mambo, il mambo che trae ispirazione dalle Feste dei Morti, dalle Calaveras messicane del Dias de los muertos e dagli scongiuri voodoo contro la malasorte. Il video è stato realizzato da Stefano P. Testa, mettendo insieme vecchie animazioni, filmini domestici, radiologie e terapie di riabilitazione traumatologica.

Il lancio del disco avverrà il 25 ottobre: chi è venuto ai nostri concerti di Natale in questi venticinque anni ritroverà alcuni brani della tradizione natalizia e non solo. Non si tratta di cover, ma di riscritture di alcuni classici, e altre canzoni che sono soltanto festive, come per esempio Aggita, dal film Broadway Danny Rose, oppure Voglio essere come te, dal Libro della giungla.

La Sciusten Feste a cui fa riferimento il titolo è un genere di festa che si pratica in Germania, in particolare Hannover ospita la più grande di tutte. Come assunse una volta un’amica tedesca, è un genere di ritrovo in cui 1) si tira al bersaglio, 2) si elegge un campione, 3) si beve moltissimo, 4) la musica non è un granché. Il mio genitore in gioventù ne restò impressionato e si appuntò questo titolo come suggerimento, insieme ad altri che prima o poi conto di registrare, quali Oltre lo zenith L’oasi dei bruti. Gli Schützen sono i tiratori, ma la parola allude anche al verbo proteggere (schützen) ed è ancora per proteggere ovunque et come unque quel senso di grazia che ci fa andare oltre noi stessi che ci apprestiamo a lanciare questo disco volante.

In copertina (opera ancora di Jacopo Leone) un cane prestato allo spettacolo, con un cappello in testa che non si capisce se è da clown o da muratore, in precario equilibrio nell’atto di fare le feste. Al collo la scritta come un collare a lettere colorate come quei meravigliosi parallelepipedi per imparare a contare che erano i regoli. La scritta esprime uno sregolato senso di movimento e 1965, più che una data, sembra un numero da giocare alla lotteria. Dentro ci stanno, in missione lunare, i componenti della band storica che negli anni ha maturato il repertorio.

Foto di Simone Cecchetti

L’album contiene tre brani inediti scritti a soggetto, in particolare Il guastafeste, per chi le feste proprio non le sopporta e si consuma tra invidia e gratitudine.

Abbiamo intitolato Conciati per le feste il giro di concerti che segue l’uscita. Non è soltanto una battuta, ma anche un invito ad acconciarsi per le feste, a prenderne parte attiva e non subirle nella passione triste e nel nichilismo che spesso le accompagna.

Infatti, spesso la malinconia che accompagna le feste è una conseguenza della solitudine da individualismo, che è una solitudine imposta da fuori, che non ha nulla della fecondità dello stare con se stessi. I concerti delle feste dunque sono un modo per superare questa malinconia posticcia: di fronte a queste passioni tristi noi proponiamo la passione gioiosa. Nella festa si può superare se stessi, non intellettualmente, ma matericamente, anzi biologicamente.

Vi aspettiamo, conciamoci tutti per le feste!

V.

 

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