I cerini di santo Nicola

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I cerini della buona favella

La Notte di Natale, nei dintorni della stazione monumentale di Milano, insolitamente vuota e coperta di neve, alcuni diseredati gravitanti nella zona si aggruppano attorno al fuoco di un grosso bidone. Uno di loro, il Secco, poco loquace e dal passato più glorioso, trova una scatola di cerini che scaldano l’anima… Inducono al racconto.Ognuno degli occasionali accoliti darà allora vita ad un racconto: sono racconti animisti, fantastici, ancestrali, la rievocazione di un concerto di Louis Prima, il cantante più natalizio che mai registrò una canzone di Natale; una ciurma nella bottiglia che finisce nel gran festeggiamento marino degli abissi; un cimitero animista di lavatrici e elettrodomestici, dove si trova l’albero della cupa, la cui luce attira tutti gli animali notturni; l’apparizione di un cane mannaro, il pumminale; un corteggiamento e gran ballo di vecchi pianoforti scordati, miracolosamente animati; un’idea del Paradiso e l’arrivo finale a mezzanotte, e a cerini esauriti, di Santo Nicola, italianissimo e autentico progenitore del più globale Santa Claus.Suoi sono i cerini della buona favella, che attizzano la fantasia e donano l’eloquenza, unico dono che si è tenuto da parte il santo, emigrante, solo e malaccompagnato che, dopo essersi spiegato, benedice gli astanti e con una grande fiammata li illumina e, come nelle antiche feste dei folli, rende gli ultimi primi e i primi ultimi, in quella particolare ricchezza che è la parola.

Vinicio Capossela

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